Che cos’è la fiducia? Nel suo libro “La guerra nel team“, Patrick Lencioni la definisce come “la serena aspettativa tra i membri del team che le intenzioni dei loro colleghi siano buone e che non c’è motivo di stare sulla difensiva o comunque di essere cauti rispetto agli altri membri del team stesso”.

La fiducia è dunque legata ad una sensazione di sicurezza, che significa in concreto sentirsi sicuri di poter parlare apertamente, di esprimere la propria opinione ed eventualmente il proprio dissenso. Significa inoltre sentirsi sicuri che l’errore non sia confuso con la colpa e che vi sia la possibilità, se necessario, di chiedere aiuto.

Le neuroscienze stanno facendo nuova luce sul tema della fiducia e sul perché sia importante nelle organizzazioni. Paul Zak, Direttore del Centro per gli Studi sulla Neuroeconomia alla Claremont Graduate University, ha sviluppato interessanti ricerche sul tema. Nel suo “La molecola della fiducia” ha esplorato la connessione tra fiducia e moralità attraverso il legame biologico dell’ossitocina: l’ormone che ci aiuta a nascere e regola le emozioni si attiva quando mostriamo empatia verso gli altri, quando ci fidiamo del nostro prossimo, quando amiamo qualcuno.

Zak offre una lettura di questi comportamenti in chiave sociale: i suoi studi sull’ossitocina dimostrano come la produzione di questo ormone influisca sulla capacità di generare fiducia all’interno di un’organizzazione.

Misurando i livelli di ossitocina delle persone in risposta a diverse situazioni – prima in laboratorio e in seguito sul posto di lavoro – Zak ha infatti identificato otto comportamenti chiave del management che stimolano la produzione di ossitocina e generano fiducia:

  • riconoscere l’eccellenza, mostrando sincero apprezzamento ed elogiare pubblicamente i comportamenti ed i risultati eccellenti. Ciò favorisce un incremento dell’ossitocina, che porta a sua volta ad una maggiore fiducia e cooperazione
  • generare lo “stress da sfida” all’interno del team, aiutando i membri di un gruppo di lavoro a trovare obiettivi comuni, similarità, punti di contatto
  • dare alle persone discrezionalità nel modo di compiere il proprio lavoro, lasciando ai collaboratori il giusto spazio per gestire in autonomia le attività assegnate
  • mettere le persone nelle condizioni di costruirsi il proprio lavoro
  • condividere le informazioni in modo esteso
  • costruire le relazioni in modo intenzionale, aiutando i membri di un gruppo di lavoro a spostarsi dal giudizio alla comprensione delle differenze
  • facilitare la crescita della persona nel suo insieme
  • essere il più possibile trasparenti ed autentici nel rapporto con i collaboratori, mostrando anche le proprie vulnerabilità.

In ultima analisi, aumentare l’engagement trattando le persone come adulti responsabili.

Insomma, come diceva Ernest Hemingway: “Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia.”